impiantobiometano

Impianto biometano Foligno

Impianto biometano Foligno
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L' architettura di Michela Lageard per l’impianto biometano di Foligno coniuga in perfetta sintonia espressione e missione. La ricerca di una compatibilità tra industria e paesaggio guida il progetto e riflette un analogo impegno a conciliare crescita e sostenibilità ambientale promuovendo il passaggio a un nuovo modello produttivo, quello dell’economia circolare. Il nuovo impianto, inaugurato da Asja nel 2018, è infatti concepito come un “manifesto” delle potenzialità della quarta rivoluzione industriale, dove economia fa rima con ecologia, nell’ottica di una visione smart dei processi di trasformazione ambientale.

Non più radicale ed indiscriminato consumismo, ma consapevolezza del rapporto tra ambiente e sviluppo a cui Lageard e Asja danno forma e contenuto con la realizzazione del nuovo impianto di produzione di biometano dai rifiuti organici, dimostrando che lo sviluppo economico del Terzo Millennio non può prescindere dall’aggiornamento ecologico dell’industria e cioè da una nuova economia basata su una produzione a basso contenuto di carbonio che utilizza energie rinnovabili e trasforma i rifiuti in nuove risorse. La realizzazione dell’impianto è il risultato dell’impegno di istituzioni, operatori e progettisti che hanno condiviso un lungo iter autorizzativo dimostrando che la collaborazione tra settore pubblico ed è in grado di dare risposte concrete, efficaci e sostenibili ai bisogni del territorio, grazie anche alla partecipazione attiva dei cittadini. Sin dalle prime fasi del progetto è stato infatti instaurato un rapporto di dialogo e coinvolgimento della comunità locale, culminato con la creazione di una Consulta partecipata da cittadini, associazioni e istituzioni, con funzioni di monitoraggio e informazione.

Un approccio al progetto condiviso che rispecchia la volontà di conciliazione piuttosto che di opposizione.

Il nuovo insediamento industriale è un segno forte e non mimetizzabile, che inevitabilmente pone qualche difficoltà di compatibilità con il paesaggio. Per questo motivo Asja ha incaricato lo studio Lageard Architettura di individuare soluzioni architettoniche che consentissero la migliore integrazione dei fabbricati con il contesto paesaggistico-rurale. Michela Lageard rivisita il concept e affronta alcuni temi che riguardano il design degli involucri, la rifunzionalizzazione degli spazi interni e la sistemazione degli spazi esterni. La finitura esterna dei capannoni, che prevedeva pannelli verticali a tutt’altezza lisci a fondo cassero color grigio cemento, è stata valorizzata con pannelli in graniglia di colore marrone mogano scanditi da falsi giunti orizzontali che spezzano la rigidità modulare, evocando la rugosità delle terra e del contesto paesaggistico. In coerenza con questa soluzione, il rivestimento del prospetto principale della palazzina uffici, di cui viene studiato un nuovo e più efficiente layout interno, adotta pannelli prefabbricati con finitura bocciardata e listelli frangisole in legno composito che creano dinamismo e dialogo materico con il contesto. Anche il locale Pesa, rivisitato come ingresso e punto di accoglienza, abbandona la soluzione standard e acquista identità grazie a un rivestimento in calcestruzzo gettato in opera scandito da profili in legno composito in sintonia con l’architettura dell’intero complesso. Così, l’architettura si fa interprete di un messaggio innovativo di rifondazione ambientale che valorizza le identità dei luoghi e dei suoi manufatti. Un linguaggio attento al rapporto tra tecnologia e paesaggio che trasforma l’edificio-macchina in architettura industriale di qualità.

In fase esecutiva, pur mantenendo inalterate le caratteristiche costruttive e dimensionali autorizzate, sono state individuate soluzioni architettoniche che potessero consentire una più armonica integrazione dei fabbricati con il contesto paesaggistico. Si è quindi sostituita la finitura esterna liscia fondo cassero di colore grigio con la finitura in graniglia di colore marrone mogano e l’inserimento di falsi giunti orizzontali, che, rompendo la rigidità modulare restituiscono ai prospetti un aspetto più naturale e organico. La “rugosità superficiale”, cosi come il trattamento cromatico, contribuiscono a creare un dialogo tra architettura e paesaggio. Anche per la palazzina uffici, come per gli altri fabbricati, la tamponatura esterna prevista dal progetto autorizzato era costituita da pannelli prefabbricati in calcestruzzo armato caratterizzati da una finitura esterna liscia fondo cassero di colore grigio. La soluzione bocciardata con l’inserimento di un profilo frangisole alveolare in legno composito tipo Novowood adottata per il prospetto principale permette di valorizzare variazioni cromatiche e texture che evocano il contesto rurale circostante.

La palazzina uffici è stata interessata anche ad una ridistribuzione funzionale degli spazi. Il layout interno è stato ridefinito prediligendo soluzioni più funzionali che permettono di avere una netta separazione tra l’area operativa e quella di rappresentanza, agevolando in questo modo la separazione deiflussi del personale operativo da quella dei visitatori. L’accesso all’area di rappresentanza distinto da quello all’area operativa è stato enfatizzato attraverso la predisposizione di due zone porticate ricavate all’interno della volumetria della struttura prefabbricata.

CREDITS:

Radiografia del contemporaneo - Monografia a cura de ilgiornaledell'architettura.com

Collana curata da Cristina Donati                                                                                              Testi: Cristina Donati                                                                                                          Coordinamento editoriale: Laura Milan                                                                                              Ph: Fabio Oggero   

https://bit.ly/2K6HDXI                                                                                                                https://bit.ly/3bdo23Z

 

 

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Cena in Convento

Cena in Convento
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Il 26 settembre presso la Congregazione delle Figlie della Carità si è tenuto un evento, organizzato dall’associazione Onlus Minori e Futuro, che ha visto il coinvolgimento dello Chef Matteo Baronetto del ristorante Del Cambio. Tale evento ha permesso di raccogliere le risorse necessarie per inserire sempre più bambini piccoli, provenienti da famiglie fragili, in strutture educative dedicate a loro. 

La cena ha anche offerto un’opportunità per gli studenti che frequentano il corso di diploma professionale di ‘’Tecnico dei Servizi di sala e bar’’ presso l’agenzia formativa Salotto Fiorito di Rivoli, impegnandoli nel servizio di sala. L’occasione di lavorare per una sera con uno dei più grandi chef italiani è stata per questi ragazzi una gratificante esperienza professionale ed un importante credito curriculare da spendere per il proprio futuro. 

L’Associazione Minori e Futuro, si dedica allo sviluppo di progetti finalizzati alla crescita educativa e personale con un’approfondita conoscenza dei bisogni.

Per la prima infanzia l’associazione, in collaborazione con il ‘’Coordinamento mamma e bambino’’ ed i volontari, permettere la frequenza scolastica continuativa, con un progetto educativo personalizzato, a bambini provenienti da famiglie fragili. 

Per i bambini in età scolare l’obiettivo è aiutare i ragazzi sia italiani che stranieri sostenendo tutte le attività educative che aiutano a sviluppare le attitudini individuali. I corsi di musico terapia, di danza e le attività sportive organizzate presso associazioni cittadine sono elementi fondamentali in un percorso d’integrazione e sviluppo.

Per aiutare i minori stranieri soli la comunità ‘’Nuova Aurora’’ è il punto cardine di riferimento per la sua lunga e consolidata esperienza, che negli anni ha permesso l’integrazione e la crescita individuale di generazioni di ragazzi.

Lo studio Lageard Architettura ha contribuito con entusiamo a questa iniziativa occupandosi della parte grafica, dalla scelta degli elementi compositivi al layout di impaginazione. Nello specifico sono state elaborate: una brochure descrittiva, che si sviluppa su A4 orizzontale in tre colonne e che racchiude tutte le informazioni legate all’evento e all’associazione promotrice; un pannello 60x75 cm stampato su supporto rigido dibond utilizzato esclusivamente per inserire gli sponsor che hanno contribuito alla realizzazione della serata; i segnaposti in formato quadrato 7x7 cm, che vanno a completare la proposta grafica, fornendo al partecipante un elemento originale e allo stesso tempo utile. 

I contenuti che stanno alla base della grafica intendono richiamare una tavola imbandita, con una continuità visiva data dai piatti divisi a metà, in modo da riprendere l’eleganza e la finezza proprie del ristorante Del Cambio. I colori tenui e leggeri puntano a non appesantire la composizione che in alcune parti viene enfatizzata dall’utilizzo del logo dell’associazione e dalle scritte color vinaccia.

E' arrivato un bambino

È arrivato un bambino

È arrivato un bambino
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Ermanno Tedeschi

Margherita è una scultrice, una persona speciale con una sensibilità ed un’energia fuori dal comune che nel corso degli anni ha saputo farsi apprezzare per la qualità del suo meraviglioso lavoro ma anche per lo straordinario messaggio di serenità, pace e dolcezza che le sue creature in argilla raku trasmettono. La delicatezza delle forme che risalta nelle sue opere, la cura dei particolari e la scelta dei colori hanno incantato tante persone; ultimamente in particolare è nato un amore tra la città di Torino e l’artista romana.
La prima tappa torinese delle bambine di Margherita fu il mio studio di Torino dove fu ammirata da alcuni collezionisti e recentemente la seconda tappa è stato il magico parco di Villa Sassi dove alcune bambine in argilla chiacchieravano, prendevano il sole e si rilassavano sul prato.
In questa occasione si sono incontrate due professioniste del bello: Margherita Grasselli e l’architetto Michela Lageard che ha collaborato alla ristrutturazione di Villa Sassi, un vero simbolo per Torino.
Alla prima vista delle sculture di Margherita l’architetta in compagnia di suo figlio Giovanni è rimasta incantata ed ha proposto a lei ed a me di creare un evento nel giardino del suo studio che si trova nella pre collina di Torino.
Il vero elemento catalizzatore di questa splendida iniziativa è stato Giovanni, il figlio di Michela, che con il suo entusiasmo ed il suo sorriso hanno ispirato Margherita a fare nascere per la prima volta a Torino una scultura non di una bimba ma di un bambino. E’ nato così Giovanni che farà il suo debutto in società nei giardini dello studio di architettura di Michela Lageard, tra i più rinomati in città, in particolare per la continua ricerca di nuove ambientazioni interne ed esterne destinate ad essere valorizzate da opere d’arte. Un grazie particolare a Margherita per il suo impegno e a Michela per la sua ospitalità con la certezza che nel giardino della Lageard il 12 giugno si respirerà un’aria particolare, un misto di arte, natura e amore per il bello.

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Margherita Grasselli

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Ho incontrato Giovanni a Villa Sassi a Torino una mattina di Aprile.
Giovanni è un bambino biondo, bello, curioso e morbido, come piace a me, che appena ha visto le mie sculture sparse nel parco ha cominciato a guardarle, a girargli attorno, a modo suo a dialogarci.
Per Giovanni stare in mezzo a loro era normale, un po’ come fossero le sue compagne di gioco. Ci siamo conosciuti chiacchierando seduti in mezzo a loro, io e lui.
Mentre pensavamo a come disporre sul prato Erika, Maria, Carolina Elisabetta e Nicoletta lui ha deciso quale sarebbe stata sua sorella e così scelse Erika con le code lunghe ed un vestito bianco scomposto sceso sulla spalla.
Ha scelto Erika forse perché, come lui, amava molto la storia e poco la matematica e perché la pensosità ed il modo di guardare di quella scultura bambina era vicino al suo.
Vedendo Giovanni accovacciato in cerchio in mezzo a loro ed avendomi lui come bambino rapito profondamente ho capito che forse era arrivato il momento di scolpirlo un bambino, paffutello, curioso, un pochino “stropicciato”, proprio come piace a me. Proprio come è Giovanni, con il suo modo attento e perspicace di cogliere il mondo, ma molto sognatore.
E così il 12 Giugno 2019 finalmente “È ARRIVATO UN BAMBINO”.

 

Foto ©Fabio Oggero

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Villa Sassi

Villa Sassi
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La storia

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Un gioiello architettonico con più di tre secoli di vita.

Villa Sassi, in strada al Traforo del Pino 47, a poca distanza dalla partenza della “dentiera” per Superga, è uno degli emblemi delle vigne della collina torinese.

Venne edificata a fine Seicento, e in origine si chiamava Villa Roddi, dal nome degli antichi proprietari. La struttura originaria a "C" venne variata all’inizio dell’Ottocento, quando sul lato sud venne aggiunto un nuovo corpo di fabbrica.

Nel 1790 l’architetto misuratore ed estimatore Giovanni Lorenzo Amedeo Grossi, nel suo volume "Guida alle cascine, e vigne del territorio di Torino e suoi contorni", scriveva che il complesso era "costituito da un grandioso palazzo ornato a due parti da deliziosi giardini sopra un artefatto poggio".

I marchesi Della Chiesa di Roddi e Cinzano mantennero la proprietà di questa splendida ed elegante residenza di villeggiatura situata a poca distanza dal centro cittadino sino al 1832, poi la vendettero al cavaliere Antonio Nomis di Pollone. L’attuale parco secolare di 22 ettari che la circonda, con alberi monumentali, prati all’inglese, il Belvedere e la selvaggia fascia boschiva, è frutto di una riplasmazione ottocentesca. Qui in qualche occasione si era rifugiato il raffinato ministro ed imprenditore Cavour, la cui incessante attività trovava sollievo in mezzo all’immensa grazia di quadri ed arredi interni, e a quel fantasmagorico spazio verde esterno, vero e proprio gioiello che fa pensare alla “Corona di delizie” delle residenze reali. Frequentata da reali principi e teste coronate, è da sempre luogo deputato a feste, balli e cene sontuose.

La ristrutturazione

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Da alcuni anni Villa Sassi viveva solo più di memoria del suo affascinante passato: I locali erano ormai polverosi ed inadeguati e solo il maestoso ingresso al parco e gli alberi secolari conservavano la passata magnificenza.

Con il passaggio di proprietà alla GM Immobiliare c’è stata una radicale svolta a questo declino ed è cominciata una importante ristrutturazione che in questa prima fase si è concentrata negli ampi saloni degli eventi. Nei prossimi anni i lavori proseguiranno con il restauro e rifunzionalizzazione di tutto il grande complesso immobiliare.

La valorizzazione di Villa Sassi è stata improntata su un restauro conservativo delle porzioni autentiche della vecchia casa e su una totale revisione delle ali aggiunte nel corso della sua lunga storia. I grandi saloni delle feste, prima collegati fra loro ma caratterizzati da finiture differenti e poco omogenee, sono stati trattati come un unico, arioso spazio. Ma ne anche stata potenziata la flessibilità con l’opportunità di poter ospitare più eventi contemporaneamente.

I serramenti esterni, in legno nell’ultimo riallestimento degli anni novanta, sono stati sostituiti con grandi vetrate metalliche che consentono panoramiche viste sul giardino e sulla città.

I colori chiari, le tende tecniche ombreggianti, i pavimenti in gres arricchiti con inserti in mosaico e lame in ottone, le tappezzerie in tessuto, l’antica boiserie restaurata, i lampadari in vetro soffiato: tutto contribuisce a creare un’atmosfera fresca, confortevole ed accogliente.

Inoltre i saloni sono stati dotati delle più aggiornate tecnologie audio e video per poter ospitare non solo intrattenimenti di tipo ludico ma anche congressi, convention aziendali, meeting.

Nelle immagini abbiamo sintetizzato gli interventi di questo primo lotto di lavori condensati in soli tre mesi di chiusura dell’attività.

Villa Sassi è stata riaperta il 6 aprile 2019 con una inaugurazione in grande stile, illustri ospiti alcuni iconici modelli del cavallino rampante Ferrari.

 

Foto ©Fabio Oggero

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Cartoline Natalizie

Cartoline Natalizie
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Cartoline Natalizie

Dal natale 2010, anno in cui è stata fondata Lageardarchitettura, abbiamo instaurato la tradizione di produrre una cartolina per gli auguri natalizi. Negli anni è però diventata qualche cosa di più, un'occasione per raccontare la nostra estetica, il piacere della ricerca, le grafiche che ci appassionano, i colori che amiamo.

Ormai è una raccolta quasi decennale, un racconto per immagini della strada che abbiamo percorso e di cui siamo molto fieri.

Quest’anno la cartolina è diventata anche un piccolo video animato, a dimostrazione che non smettiamo mai di sperimentare, di rinnovarci e di cercare nuovi strumenti per esprimerci.

 

Foto ©Fabio Oggero

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